Lo so, fa caldo, è quasi estate e il sabato e la domenica a ora di pranzo tutto vorreste fare tranne che starvene a casa, tanto meno davanti a un computer. Per questo la radio è fantastica, portatevela sotto l’ombrellone, in cima a una montagna, in riva a un lago, sull’amaca in terrazza e accendetela alle 14,30. Nei prossimi due weekend (11, 12, 18 e 19 giugno) per mezzora vi faranno compagnia le storie di quattro acrobate eccezionali.

Il lavoro si chiama Donne che fendono l’aria, è una trasmissione a puntate che ripercorre le biografie di quattro donne circensi che in vita hanno avuto un enorme successo, ma che ora sono per lo più sconosciute. Se volete saperne di più continuate a leggere qui sotto, posso dirvi che per ricostruire le loro vite è stato necessario rispolverare articoli di cronaca di vecchi giornali, raccogliere testimonianze e aneddoti, scartabellare nell’unico (meraviglioso) archivio italiano dedicato (il Cedac di Verona), parlare con chi tramanda da anni oralmente storie e vicende circensi.

Oh, se poi proprio non ce la fate potrete sempre recuperare il podcast!

Buon ascolto!

 Da secoli migliaia di donne e uomini conducono vite nomadi ma rigorose, viaggiano per il mondo pur seguendo ferree regole e faticose esercitazioni quotidiane. Vivono spesso insieme, in comunità, ma le loro famiglie fanno parte a pieno titolo della storia e della società dei loro paesi d’origine. Sono circensi, abili acrobati, artisti valenti di cui molto poco si conosce. Tra gli scaffali delle librerie italiane sono rarissimi i testi dedicati alla storia del circo, eppure questa è un’arte antica e tradizionale, che affonda le sue radici in un passato lontano, quando gli uomini delle caverne si raggruppavano intorno a chi voleva dare prova di qualche bravura acrobatica e ad uno ad uno si sedevano per terra, in giro, disegnando esattamente un circo.

 Elisa Volta Mantovani ha attraversato le cascate del Niagara su un cavo d’acciaio teso sulle rapide, un’impresa di cui non esiste praticamente più traccia, anche se la cosa ai tempi non passò inosservata, tanto che il magnate dell’automobile Henry Ford l’ha omaggiata con un prezioso anello tempestato di brillanti. Funambola eccezionale, diventa ben presto celebre in America, in Germania, in Olanda e in Inghilterra. Nel 1913 partecipa a una lunga tournée in Russia, ma scoppia la rivoluzione e il circo leva le tende di tutta fretta, lasciando il paese a bordo di un sottomarino. Nonostante gli anni di fama e successi, morirà in solitudine nella villa di Bronciliano, la casa di riposo per gli anziani dello spettacolo viaggiante alle porte di Firenze. Chi ha assistito alle esequie, in quel giorno d’inverno del 1958, racconterà che in testa al breve corteo funebre c’erano vecchietti, ex equilibristi, acrobati, saltatori, cavallerizze e una donnetta di mezza età dai capelli grigi e crespi, seguita da un cane barbone: era la sua allieva prediletta, Maruska, una sottile donna di Odessa.

Marguerite Saqui ha visto un susseguirsi di regimi, da Luigi XVI a Carlo X, dalla monarchia cittadina alla Repubblica e al Secondo Impero. Nasce in Occitania nel 1786, tra i venti della rivoluzione. Figlia di un ballerino e un’acrobata, debutta nella squadra del grande Jean-Baptiste Nicolet come funambola e rimarrà sulla corda fino alla fine, in una continua ricerca di palchi sempre più prestigiosi. Prima beniamina di Napoleone, poi di Luigi XVIII, non c'è festa senza la sua partecipazione e lei rilancia ogni giorno con nuove imprese spettacolari. Un giorno intraprende la traversata della Senna, all'altezza del Pont-Royal, camminando su una fune da marinaio e usando due bandiere come pendoli, indossa piumati e ingombranti cappelli e collane eccentriche, che presto saranno rinominate à la Saqui e i pasticceri vendono solo scatole di caramelle con inciso il suo ritratto. Il suo successo è strabiliante e fulmineo, così come la sua discesa: apre un teatro a soli 28 anni ma l'epidemia di colera affonda gli affari e Saqui è costretta a dare il suo spettacolo d'addio il 23 dicembre 1839, il teatro fallirà due anni dopo e verrà demolito. Quasi settantenne, per la festa di Napoleone III, il 15 agosto 1853, attraversa in cordata il Campo di Marte, l’ultima esibizione prima di morire una decina di anni dopo nel suo piccolo appartamento in affitto, dimenticata da coloro che l’avevano idolatrata. 

 Trieste, è un giorno di aprile del 1883. Migliaia di persone stanno assistendo allo spettacolo di una stella inglese, si chiama Miss Zaeo ed è nota per le sue esibizioni in tutta Europa, dalla Spagna alla Germania, dalla Francia al Portogallo. Zaeo sfodera sempre un numero eccezionale: si arrampica su una corda fino a trenta metri di altezza, lancia un fazzoletto, indica il punto in cui è caduto e si lancia nel vuoto a prenderlo. È la serata d'addio, a Trieste, per il circo di cui Zaeo è la punta di diamante. La donna sale sul trapezio fissato sotto il soffitto, poi, nel silenzio della sala e mentre rullano i tamburi, ecco il salto. Ma l’artista quel giorno, per la prima volta nella sua vita, ha calcolato male la traiettoria: anziché cadere nella rete il suo corpo finisce sul bordo, rimbalza e piomba su un gradino. Viene raccolta viva ma sanguinante al viso, sotto lo sguardo sgomento del pubblico. Da quel giorno diventerà la beniamina dei triestini, tanto che al suo nome sarà intitolato un palco del teatro e un musicista le dedicherà una polka che per vari anni sarà suonata durante i balli e i concerti nei caffè.

 In uno scatto del 1887 la ventisettenne Annie Oakley, volto fiero e fresco, docile e determinato, indossa una gonna a frange con un ricamo di rose, capelli ondulati divisi in due ciuffi sotto il cappello da cowboy, ghette ben strette e l’immancabile fucile nella mano destra. Una minuta, graziosa, caparbia ragazza, ambita da moltissimi, soprattutto quando inizia a comparire sui manifesti del Wild West Show, lo spettacolo western all’aperto di Buffalo Bill di cui è diventata la stella e che la consacrerà come la prima super diva degli Stati Uniti.  Annie Oakley spara da tutte le posizioni, galoppando su un pony, inforcando una bicicletta dando le spalle al bersaglio e aiutandosi con uno specchietto. In Europa si esibisce per la Regina Vittoria e dicono che, per richiesta del principe di Prussia, il Kaiser Guglielmo II, farà saltare le ceneri da una sigaretta tenuta nelle sue mani. Qualcuno più tardi dirà, in un’azzardata previsione, che se Annie avesse colpito Guglielmo e non la sua sigaretta, avrebbe potuto impedire la Prima guerra mondiale.

 Le quattro biografie, ricostruite tramite testimonianze orali e documenti d’archivio e sapientemente mescolate con la musica grazie al lavoro dalla regista Cristiana Munzi, si possono ascoltare in un lavoro radiofonico dal titolo Donne che fendono l’aria, quattro puntate in onda su Radio Rai Tre all’interno della trasmissione Vite che non sono la tua, l’11, il 12, il 18 e il 19 giugno in diretta alle 14.30 e sempre in podcast su Raiplaysound.