Esattamente un anno fa se n’è andato Paolo, uno zio gigante. La sua bravura nel raccontare le storie ha alimentato la mia passione per la radio e per gli audio documentari. Esattamente un anno fa scrivevo le righe qui sotto. Ho tante registrazioni di lui, ma ancora non sono riuscita a metterci mano, tranne un piccolo pezzo di uno dei suoi tanti racconti sul centro storico di Roma, che ha abitato per tanti anni. Lo potete ascoltare in questo lavoro a cui sono molto affezionata, Roma è il cadavere di una nonna. Ciao Paolo.

Avevo forse cinque o sei anni quando Paolo, con una delle sue moto BMW, mi portava dal macellaio di Lavinio, lungo la strada, lì, di fronte al Lido Dei Gigli. Era enorme, spesso scalzo, con certi magliettoni di cotone lunghi fino quasi al ginocchio. Mi sollevava con quelle mani spropositate e mi faceva montare su, io sentivo la gomma arroventata della sella sul sedere e sulle cosce e poi il vento tra i capelli, perché andavamo velocissimi, e sicuramente andavamo senza casco. Faceva preparare due cartocci di carne macinata, uno per lui e uno per me. La mangiavamo così, cruda, come fosse un gelato, forse con un pizzico di sale e pepe. Mamma odiava quella cosa, diceva che prima o poi mi sarebbero venuti i vermi, ma poi non mi rimproverava mai veramente e in cuor suo credo che le facesse anche un po’ ridere. E’ uno dei ricordi più vividi che ho di lui.

Amava molto i bambini, gli adolescenti e i ragazzi, ma solo perché ci si trovava bene, intendiamoci, non c’era nessuna aspirazione pedagogica o educativa o paternalistica…. ci si divertiva e ci voleva passare del tempo insieme, questo era tutto. Era un grande anarchico, nel senso forse deteriore del termine, vale a dire che odiava seguire molte regole, soprattutto quelle più sceme, quelle più insulse, però, paradossalmente, amava anche il suo lavoro, lo faceva con passione ed era un avvocato molto rispettato. Gli avvocati servono quando due persone sono così ignoranti che non sono in grado di mettersi d’accordo tra loro, mi diceva sempre.

Aveva, secondo me, un grande rispetto per le persone, che valutava senza pregiudizio di estrazione, età, provenienza, ideologia politica o razza. Era sempre circondato da tantissimi amici, tutti molto diversi tra loro. Quando è iniziato a stare male, ormai diversi anni fa, ha pensato che avrebbe potuto fargli bene andare in India, aveva sentito parlare da un conoscente di certe cure ayurvediche; lo ha accompagnato suo fratello, mio zio Vittorio, poi dopo un paio di settimane Vittorio è tornato in Italia e l’ho raggiunto io. Quando sono arrivata Paolo era già molto scettico del percorso di cura che stava affrontando, ma era comunque di ottimo umore, provava sempre a corrompere le infermiere, nella speranza che sostituissero le verdure crude e il riso integrale con un uovo fritto. Ci siamo divertiti moltissimo. Ogni sera, in un giardino popolato di scoiattoli e pappagalli, mi raccontava storie e vicende di famiglia, le ho tutte registrate… chissà se un giorno riuscirò a riascoltarle, e a riordinarle. Aveva una bellissima voce, anche se non sapeva cantare, ed era un magnifico racconta storie, lui come zio Franco, l’altro mio caro zio andato via troppo presto. Devo anche a loro quello che sono e la passione per quello che faccio. Mia figlia Alice mi ha detto che ora noi non lo vediamo, ma che lui sta camminando nel cielo. Se davvero si trova già lì, sono certa che sarà intento a cercare Matteo, forse il suo amico più fedele.